Foundation (Tv series)

Siamo alla seconda puntata, venerdì 1° ottobre esce la terza. Da giovane ho letto e riletto la trilogia, ma la serie Tv non riesce a trasmettere nulla di quella epopea: la sigla pare un saggio di fine corso; la musica è puramente descrittiva, didascalica, elementare, da universo Marvel (come la sigla); e non riesco a digerire il look semi-fantasy da favoletta adolescenziale – le scene su Trantor, soprattutto, sono terribili. Nonostante la delusione continuerò a guardarla, spero fino alla fine.

Rimangono i certamente bravi attori, in particolare Jared Harris (Hari Seldon) e Lou Llobell (Gaal Dornick).

Mi chiedo cosa ne sarebbe venuto fuori nelle mani di un Denis Villeneuve o un Christopher Nolan (sì, lo so che probabilmente non avrebbero mai fatto da showrunner o da registi di una serie Tv, ma immaginatevi il risultato sulla base di ciò che hanno raggiunto con Arrival e Interstellar).

Peccato, la storia avrebbe meritato molto di più perché forniva tutti i presupposti per un lavoro lungo e soddisfacente. Dovrò rileggermi la trilogia (qui il primo volume della versione italiana) per tentare di levarmi da dosso la brutta sensazione di posticcio e superficiale che mi sta lasciando la serie.

Arrival (Colonna Sonora)

Arrival (2016) è un film che periodicamente rivedo scoprendo sempre un dettaglio in precedenza inosservato. O inascoltato. È la storia, tratta da un racconto di Ted Chiang, dell’arrivo sulla Terra di dodici oggetti alieni e del tentativo di una linguista, arruolata in fretta e furia dall’Esercito Americano, di stabilire un contatto con gli esseri che abitano l’astronave. Mentre impara con difficoltà il linguaggio utilizzato dagli alieni, la protagonista comincia ad avere esperienze di memorie future, ricordi di un tempo non ancora trascorso (se si intende il tempo in senso lineare e direzionale, come lo intendiamo comunemente). Questo accade perché, secondo l’ipotesi di Sapir-Whorf utilizzata nel film nella sua interpretazione più estrema, «il modo di esprimersi determina il modo di pensare» e quindi di avere esperienza del mondo (Le lingue sono «modi di guardare il mondo» — Károly Kerényi). Gli ospiti giunti sulla Terra utilizzano un linguaggio che altera la percezione umana lineare del tempo, da qui le memorie della protagonista relative a eventi della sua vita non ancora avvenuti.

La colonna sonora gioca un ruolo importantissimo nella fascinazione che Arrival continua a esercitare su di me. On the Nature of Daylight di Max Richter stabilisce subito il tono del film (verrà riproposta alla fine, a chiudere il cerchio) e quasi fa passare in secondo piano lo stupendo lavoro di Jóhann Jóhannsson, l’autore della colonna sonora originale — peccato che a causa di On the Nature of Daylight, il lavoro dell’autore islandese non abbia potuto essere ammesso alla corsa agli Oscar … . 

Data l’importanza della comunicazione e del linguaggio nella narrazione della storia, Jóhannsson ha utilizzato voci e coro cercando di distanziarsi da esempi più illustri come questo.

Qui c’è un assaggio del suo approccio alla storia narrata in Arrival.

E in questo articolo, una bella intervista sul suo lavoro.
Se non avete ancora visto il film, guardatelo. Nel momento in cui scrivo è disponibile anche in streaming su Amazon Prime, compreso nell’abbonamento, o su YouTube a pagamento.