12 gennaio 2014

In questo giorno veniva trasmessa la prima puntata di True Detective sui canali HBO.
Serie Tv unica.

Le successive due stagioni sono certamente di buona qualità, ma non riescono a stare al fianco della prima che credo di aver visto una decina di volte. A ogni visione scopro qualcosa che mi è sfuggita in precedenza, tale è la stratificazione di informazioni da decifrare, impossibile in un colpo solo la prima volta.

Cosa rende questa serie tv – solo televisione? – distinta dalle altre? In fondo, come ha detto lo stesso Nic Pizzolatto, è la storia di un’indagine complessa condotta da due detective molto diversi l’uno dall’altro, ma che alla fine diventano amici. Mai visto?

Innanzitutto il formato antologico permette di raccontare una storia con un inizio, uno svolgimento e una fine evitando il pericolo di una serialità allungata per mere ragioni di denaro dove la qualità della prima stagione, troppo spesso se non sempre, non si trasferisce in quelle successive a causa di un eterno secondo atto e un terzo deludente – quando si arriva al terzo.

Il casting perfetto, preciso anche nelle scelte dei personaggi secondari, uno tra tutti il reverendo Joel Theriot interpretato da Shea Whigham.

Un contesto geografico onirico, esoterico, motore della storia e terzo protagonista: la Louisiana, afoso e malsano Purgatorio sulla Terra dove anime in pena, soprattutto quelle dei diseredati (diseredate), cercano redenzione. E invece trovano la morte.

La distribuzione temporale della storia su tre periodi ha nel 2012 l’inizio e la fine, ma vede il maggior sviluppo nel 1995 e nel 2002, periodi protagonisti del primo e secondo atto. 

I protagonisti: Marty Hart e Rust Cohle (Woody Harrelson e Matthew McConaughey). Nonostante la grande interpretazione di Woody Harrelson, la mia attenzione va quasi del tutto al secondo personaggio: con Rust Cohle si scende in luoghi oscuri, quelli dell’anima e quelli dei bassifondi; tesi filosofiche, esistenziali, generalmente poco viste in un investigatore, che disegnano un mondo popolato da un Uomo – incidente della Natura – senza speranza, protagonista inconsapevole, meritevole di estinzione. Un pessimismo probabilmente forgiato dal dramma della morte della figlia, il fantasma che perseguita il personaggio.

Come in tutte le opere collettive, ogni tessera del mosaico contribuisce alla realizzazione dell’opera finale. Qui l’armonia tra le parti è pressocché perfetta: scrittura, regia, interpretazione, montaggio sono ai massimi livelli.

Non ricordo un’altra storia per immagini, serie Tv o film, che mi abbia trasmesso le stesse sensazioni. Finora.

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